Il Talmud e gli sposi socialmente responsabili

Massimo Giuliani recensisce su Avvenire
il trattato Qiddushìn del Talmud Babilonese

Senza dubbio sposarsi è una delle decisioni più importanti nella vita di un individuo. Come atto fondativo, dà forma a una nuova famiglia spesso chiamata "cellula della società". Le religioni lo hanno rivestito di molti simboli e significati per esaltarne il valore e le potenzialità, anzitutto la procreazione e l'educazione dei figli. In molte culture si tratta di un business enorme, i cui costi mettono a dura prova le famiglie di origine.
Eppure poche realtà sociali hanno avuto anche in Occidente un'evoluzione più complessa di quella dell'istituto matrimoniale. Il trattato Qiddushin del Talmud babilonese, da poco tradotto in italiano a cura del rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni ne è una preziosa testimonianza. 

Il Talmud e gli sposi socialmente responsabili

La civiltà in cucina

La civiltà in cucina

Marino Niola scrive sul Venerdì
di Ricette e precetti di Miriam Camerini

La storia umana inizia con un morso di troppo. Quello di Adamo e di Eva che mangiano il frutto proibito disobbedendo al Signore. Che li scaccia dal paradiso terrestre e li costringe a faticare per vivere e soprattutto a cucinare per mangiare. Lo racconta Miriam Camerini in un libro delizioso intitolato "Ricette e precetti", appena uscito da Giuntina. Da quel lontano giorno, un filo doppio lega cibo e religione. Dietro ogni ricetta c'è un precetto, un obbligo o un divieto.


Il revisionismo biblico di Mosè

Massimo Giuliani scrive su Avvenire del libro
di Micah Goodman L'ultimo discorso di Mosè

Mosè, il primo revisionista storico. Ossia, il primo ad aver riscritto la storia dell’uscita dall’Egitto e della rivelazione al Sinai. Per attenuare la tesi, il filosofo israeliano Micah Goodman parla anche di Mosè come il primo commentatore della Bibbia, nel senso che i suoi discorsi nel Deuteronomio, il quinto libro della Torah, a ben leggerli sono dei commenti agli altri quattro, con lo scopo di stabilire le priorità della vita dei figli di Israele una volta giunti a vivere nel luogo della promessa divina, nella terra di Israele.

Il revisionismo biblico di Mosè

Con rispetto e devozione

Con rispetto e devozione

Giorgia Greco scrive su Informazionecorretta
di "La moglie del rabbino" di Chaim Grade

Con i romanzi dei fratelli Singer, Isaac Bashevis, premio Nobel per la letteratura nel 1978, di Israel Joshua e della meno nota sorella Esther Kreitman, il grande pubblico ha imparato a conoscere e apprezzare il mondo dell’ebraismo chassidico polacco considerato come un momento di svolta nello sviluppo della letteratura in yiddish e in ebraico. L’universo ebraico ortodosso lituano invece, propugnando un razionalismo talmudico e una spiccata presa di distanza dalla mistica, offre minori occasioni di espressività letteraria oltre ad essere meno noto ai lettori.
Interprete magistrale di questo mondo è Chaim Grade nato a Vilna nel 1910 di cui la casa editrice Giuntina manda in libreria il romanzo “La moglie del rabbino” tradotto per la prima volta in italiano con grande efficacia dalla studiosa Anna Linda Callow. Prima di addentrarci in una breve riflessione sul libro può essere utile soffermarsi sull’ambiente sociale e storico in cui si è sviluppata l’arte narrativa di Chaim Grade, ritenuto da alcuni esperti il più grande scrittore in lingua yiddish di tutti i tempi, più innovativo dello stesso Isaac Bashevis Singer. Avviato dalla madre allo studio del Talmud Chaim Grade frequenta diverse accademie talmudiche, studia sotto la direzione di Karelitz, il più grande pensatore del Novecento nel campo della Halakhà (la normativa ebraica). All’età di vent’anni si allontana dall’ambiente religioso per dedicarsi alla poesia e nei primi anni Trenta è fra i membri fondatori del “Young Vilna”, gruppo sperimentale di artisti e scrittori di cui fece parte anche il poeta Avraham Sutzkever, superstite della Shoah. Scampato ai nazisti fuggendo in Unione Sovietica all’occupazione di Vilna nel 1941, Grade - che ha perso la famiglia nell’Olocausto – alla fine della guerra vive per qualche tempo prima in Polonia poi a Parigi dedicandosi in quel periodo a una produzione poetica incentrata sul suo mondo annientato dalla Shoah.

 

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    Sontuoso

    Sontuoso "Bugiarda"

    Arturo Bollino scrive su Lucia Libri
    di Bugiarda di Ayelet Gundar-Goshen


    "Bugiarda” dell’israeliana Ayelet Gundar-Goshen le vale la piena consacrazione. Un’acuta riflessione sulla menzogna, sulle verità di comodo, su quanto siamo disposti a credere. Tutto inizia con la bugia di una ragazza, che sostiene di essere stata molestata da una celebrità al tramonto. Il risultato? Un cortocircuito mediatico e il susseguirsi di altre storie, nate da menzogne

     


    Il vero volto dello yiddish

    Il vero volto dello yiddish

    Wlodek Goldkron scrive su Il viaggio di Yash
    il capolavoro di Jacob Glatstein


    Se Jacob Glatstein non fosse scrittore yiddish, oggi sarebbe considerato a parità di un Kafka, Joyce o Svevo. Nato nel 1896 a Lublino in Polonia, morto a New York nel 1971, una vita, a partire dal 1914, trascorsa nella metropoli sul fiume Hudson, a differenza del suo collega Isaac Bashevis Singer, Glatstein non ebbe la brillante idea di tradurre i suoi libri in inglese mentre li componeva nell'idioma materno, e magari in una versione diversa rispetto all'originale, come faceva appunto il Nobel per assecondare i gusti di ogni pubblico.


    Identità ebraica e vendetta, torna Arnold Zweig

    Identità ebraica e vendetta, torna Arnold Zweig

    Arturo Bollino scrive su LuciaLibri di La famiglia Klopfer di Arnold Zweig

     

    Avventure rocambolesche e dense d’ironia caratterizzano “La famiglia Klopfer” dell’altro Zweig. L’ultimo erede della dinastia, raccontando di sognatori, contadini, commercianti e intellettuali, si districa fra la complessità della psiche umana e l’affresco del mondo ebraico-tedesco di fine Ottocento.

     


    Le vie della preghiera ebraica

    Le vie della preghiera ebraica

    Anita Mancia scrive su L'Ottavo di
    Schiudi le mie labbra di Haim F. Cipriani

    Ricco di dottrina biblica, talmudica e rabbinica, fulcro, quest’ultima, della preghiera ebraica, il libro di Haim Fabrizio Cipriani non si rivolge soltanto a lettori ebrei, ma a chiunque non abbia chiuso il suo rapporto con la Trascendenza. Ed è in questo spirito di ampio respiro che chi scrive ne affronta il testo.


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