L'acquario di Vilnius
Recensione a Acquario Verde di Avraham Sutzkever
di Giulio Meotti - Il Foglio
La recente scomparsa di Avraham Sutzkever, una delle
ultime grandi voci della letteratura yiddish, lingua martire e lingua
"santa", grande amico di Marc Chagall e oggetto di ammirazione di Boris
Pasternak, è passata inosservata in Italia. La pregevole casa editrice
ebraica di Firenze spedisce in libreria un testo che riempie gli occhi
di lacrime, tanto è potente nella rievocazione della meravigliosa Vilna
ebraica. La città fu centro di insediamento ebraico antico e
particolarmente attivo sotto il profilo culturale. La comunità ebraica
vi era stanziata sin dalla prima metà del XVI secolo. Allo scoppio
della Seconda guerra mondiale vi abitavano circa 60.000 ebrei. Dopo tre
anni la comunità ebraica era stata di fatto annientata.Nato nel 1913 a
Smorgon, nell'allora Impero russo, deportato da bambino in Siberia (la
"terra del sole che non tramonta mai") con la famiglia dal regime
bolscevico comunista, Sutzkever cominciò a pubblicare versi negli anni
Trenta e fu annoverato quasi subito fra i classici della poesia
yiddish. Da allora, è stato candidato al Nobel per la letteratura,
baluardo del movimento di resistenza del ghetto di Vilna, partigiano
ebreo nei boschi della Bielorussia, testimone al processo di
Norimberga, eroe sovietico, immigrato clandestino che forza il blocco
britannico e attivista culturale nel neonato stato d'Israele, infine
portabandiera nel mondo della scomparsa lingua yiddish.Il libro
racconta gli ultimi giorni del ghetto di Vilna e la caccia dei nazisti
agli ultimi sopravvissuti. Dei 60.000 ebrei che vi abitavano prima
della guerra solo 2.000 si sono salvati. Il libro parla di Vilna, che
prima della Shoah ospitava la più importante biblioteca e archivio del
mondo yiddish, che rappresentava con Parigi e Berlino una sorta di
capitale europea dell'arte e della cultura. Nelle ore libere scrive in
modo febbrile e prende parte all'organizzazione delle attività
culturali nel ghetto, anche con letture pubbliche delle sue opere.
I
tedeschi di Alfred Rosenberg, commissario culturale di Hitler, volevano
trasportare a Berlino i documenti più interessanti per studiare la
"scienza ebraica senza ebrei". Sutzkever doveva farne la cernita ed
ebbe l'occasione di salvarne moltissimi (Gorkij, Tolstoj, Herzl e molti
altri, tra cui disegni di Chagall). Era la "brigata di carta". Così
salvò migliaia di libri dal fuoco tedesco. Furono fucilati a Ponar,
dove le Einsatzgruppen uccisero per primi quelli che sapevano leggere.
La "Gerusalemme del Nord", la città in cui si stampavano le più
preziose edizioni del Talmud babilonese, la città del Gaon, fu ripulita
di ogni ebreo. Sutzkever fu costretto dai tedeschi a danzare nudo
davanti a un falò in cui doveva, assieme a un rabbino, buttare i rotoli
della Bibbia.Nella fitta e compulsiva letteratura sull'Olocausto,
questo testo breve risplende come una rarità assoluta. Ci si
meravigliava sempre a leggere che Sutzkever fosse ancora vivo dopo
tutto quello che aveva passato. Se ne è andato nella sua casa di Tel
Aviv. Senza il clamore che si concede agli scrittori di grido. Ma nel
silenzio di chi è stato testimone ma soprattutto creatore,
resuscitatore e custode di una lingua perita ma imperitura. "Come
l'antico grano, che si è trasformato in canto, anche le parole
nutriranno", aveva scritto Sutzkever nel tarfugare dal ghetto di Vilna
i suoi tesori. Restano immortali le sue parole a Norimberga davanti ai
criminali nazisti: "Nessuna forza oscura potrà mai distruggerci".