Sotto il segno della madre
di Elisabetta Rasy - Il Sole24ore
su C'era una volta una famiglia... Come in un bel romanzo di Lizzie Doron, un'autrice israeliana di "seconda generazione", cioè la generazione dei figli degli scampati alla Shoah. E' sua madre Helena la protagonista di
C'era una volta una famiglia, ben tradotto da Shulim Vogelmann. Elizabeth tornà nella casa materna dopo la morte della vecchia signora; non vorrebbe fare la shivà, i sette giorni di lutto rituale, ma ecco che intorno a lei si anima un mondo di figure perdute che la vincolano al malridotto appartamento in cui solo lei, la figlia, sa riconoscere un reame perduto. C'era una volta una famiglia, segue a un anno di distanza un altro libro di Lizzie Doron, perché non sei venuta prima della guerra? (anche edito da Giuntina con la traduzione di Vogelmann) in cui sempre Helena è la protagonista, o meglio il suo mondo - il mondo "di là" - che approda nella terra di Israele - il mondo "di qua" - dall'Europa di sangue e nebbie mortifere per trovare speranza e libertà ma anche altro dolore. La madre di questi due suggestivi romanzi è bizzarra, sconveniente, insopportabile a volte alla sua stessa figlia, perché non propone un principio sociale di adattamento ma la forza stessa della vita che si ribella alla morte. E se porta con sé uno spettrale album di famiglia, non di ricordi si tratta ma di una storia incarnata che è un propellente, un personale residuo propellente per il futuro.
La storia di Helena e della figlia è una storia a due, la storia di un legame che sfugge alle convenzioni per iscriversi in un tempo più arcaico e più essenziale in cui appunto è in gioco la vita contro la morte. Un rapporto a due esclusivo che torna spesso nelle storie di madri e figli, o figlie...