Trent'anni da sfogliare...
di Gabriele Ametrano - Corriere Fiorentino
"Sara, la gente dice che un tedesco mi ha fatto perdere la testa. Ma figurati se un tedesco può aver fatto pedere la testa a me, Ester Kohen! E poi come si chiamerebbe questo tedesco?". "Alzheimer, nonna".
Una barzelletta è un buon modo per festeggiare. Daniel Vogelmann lo sa, sebbene nell'introduzione a "Le mie migliori" strizzi l'occhio ai lettori dicendo che "libri di barzellette ebraiche ce ne sono già tanti". Trent'anni fa ha fondato la Casa Editrice Giuntina e oggi, col figlio Shulim, brinda a suon di freddure un lavoro che lo ha fatto conoscere in tutta Italia. Era il 1980 quando decise di dedicarsi ai libri di cultura ebraica. Ma l'amore per i libri comincia in tempi più lontani, quando suo padre Schulim decise di venire a Firenze, agli inizi del Novecento. Non trovando un lavoro che gli permettesse di osservare il Sabato, si propose alla Tipografia Giuntina dell'editore Leo Olschki. La storia insegna poi ciò che accade al popolo ebreo durante la seconda guerra mondiale: i trasferimenti forzati nei campi di concentramento, la violenza, la sopravvivenza. Schulim divenne il numero 173484 ad Auschwitz e, sebbene perse moglie e figlia, riuscì a tornare a Firenze dove continuò la sua attività nella tipografia. Daniel nacque nel 1948 e appena adulto cominciò a lavorare nella stamperia che diventò, in breve, di famiglia. "Non riuscivo ad ambientarmi - racconta - il mestiere di tipografo, pur nobilissimo, non era fatto per me.
Così nel 1980, Daniel fondò la Giuntina. Quando pubblicò il suo primo libro "La notte" di Elie Wiesel (Nobel per la pace nel 1986), non sapeva che sarebbe divenuta il più importante punto di riferimento della comunità ebraica italiana. Oggi la Giuntina ha oltre 500 titoli e nel 2009 ha venduto più di 500mila libri. La tradizione ha voluto che dopo trent'anni la direzione passasse al figlio Shulim nonostante Daniel Vogelmann "sia il vero direttore editoriale", come confessa il giovane editore. Dopo quasi cento anni di attività la tipografia ha chiuso ma l'antica sede in via Mannelli a Firenze ha mantenuto il suo aspetto e gli uffici della casa eidtrice. Nel cortile dell'edificio un pozzo lascia che una scritta incisa nel bordo avvisi i visitatori: "questo è il pozzo della sapienza dove si annega l'intellegenza". E così ci si sente sfogliando i libri della Giuntina, impregnati di antica tradizione.
"Le nostre pubblicazioni rappresentano la cultura ebraica, con qualità e serietà" dice Shulim Vogelmann. Ma aggiunge: "L'85% dei lettori però non sono ebrei. Molti sono semplici appassionati di questioni ebraiche, altri vogliono approfondire il tema della Shoà" spiega Shulim. "Mettiamo in commercio 30 novità l'anno, tra cui memoriali, saggi, romanzi. La richiesta è soprattutto di questi ultimi. Perché oltre i nomi che la grande distibuzione ci fa conoscere - uno tra tutti David Grosmann, pubblicato con Mondadori - esistono gioielli che brillano di una luce ben più intensa". Tra questi: "Giornate tranquille" di Lizzie Doron, ospite dell'ultimo Salone del Libro di Torino, "I biscotti salati di nonna Sultana" di Dan Benaya Seri o "L'angoscia di re salomone" di Romain Gary. Per chi invece desidera inoltrarsi nella lingua e la religione, esistono la Bibbia con testo ebraico a fronte o grammatiche con vari livelli d'apprendimento.
Ma la Giuntina è anche la passione tramandata di padre in figlio, la tradizione culturale di un popolo che archivia la sapienza per chi vuole conoscere il mondo ebraico e mantenere viva la memoria.
E a questo oggi si aggiunge il sorriso di alcune giocose barzellette.