In cerca dei trentasei nomi giusti
Recensione a
Il libro dell'ignoto
di Giulio Busi - Il Sole24ore
Diciottomila, mille, cento, trentasei o due soltanto? Si fa presto a
perdere il conto. Quanti sono i giusti che potranno contemplare lo
splendore della Shekinah, la Presenza di Dio, fuoco che mai s’estingue
né brucia?
I saggi del Talmud, che di misteri dell’invisibile erano
grandi esperti, passarono molti giorni a discutere la questione. Secondo
alcuni, le anime elette erano numerose, addirittura migliaia e
migliaia, mentre per altri gli uomini degni della grazia divina non
potevano essere che pochissimi. Rabbi Shimon bar Yohai si dimostrò il
più rigido (e anche il più presuntuoso). A suo parere, i privilegiati
non erano che due: lui e suo figlio.
Non sappiamo se qualche maestro
si sia inalberato di fronte a tanta autostima, ma è un fatto che,
secondo il folklore ebraico più tardo, per meritarsi il premio della
grazia divina non basta condurre una vita pia. Bisogna anche essere
umili, anzi tanto modesti da non accorgersi del proprio privilegio.
Le
leggende parlano così dei “lamed waw zaddikim nistarim”, ovvero dei
trentasei giusti nascosti, su cui si regge il mondo. Nessuno sa chi
siano, anche se è certo che si tratta di persone dimesse, dedite
perlopiù a mestieri poveri, che scivolano nella vita senza dare
nell’occhio. Solo nell’anonimato possono infatti svolgere la propria
importantissima missione. Guai alla generazione che non conta sul loro
segreto sostegno, giacché Dio potrebbe distruggerla, e con essa
cancellare l’intera creazione con un semplice gesto d’ira.
Jonathon
Keats, scrittore quarantenne di origine americana, ha imbastito su
questo vecchio mito un libro di racconti, sospesi tra fiaba, apologo
morale e “humour” nero. Dopo aver trovato un’enigmatica pergamena con
trentasei nomi, un esperto di studi ebraici abbandona la vita accademica
per mettersi alla caccia degli imprevedibili giusti. Comincia così un
itinerario tra boschi infestati da demoni, villaggi sgangherati,
castelli abitati da nobili ovviamente crudeli. L’ambientazione è un po’
di maniera, ma la penna di Keats si muove rapida, e riesce a evocare
una realtà a rovescio, i cui gli stupidi, i ladri e le sgualdrine hanno
molto da dire e da fare per salvare il mondo.
Che simili balordi
possano essere pii agli occhi del Signore non lo crederebbe nessuno. E
poi non sono nemmeno trentasei. Il nostro esperto ne ha rintracciati
appena dodici, quando, sul più bello…