Parole e scatti sospesi su una memoria da riconquistare

Recensione a Parole Chiare
di Benedetto Vecchi - Il Manifesto 

Per evitare che la memoria abbia l'effetto di guarda negli occhi di Medusa, occorre che sia sempre materia vivente per il presente. Per fare questo, serve un lavoro che metta in rapporto il passato con l'ombra che proietta nella vita quotidiana. Per quanto riguarda la Shoah è un lavoro che sembra facile, ma non lo è. Semplice perché lo sterminio programmato degli ebrei è stato assunto come uno spartiacque nella storia mondiale verso il quale vale il grido accorato di chi affermò: "mai più". Difficile perché il tempo passa e macina tutto, anche la memoria. Se poi si parla della Shoah degli ebrei italiani, l'operazione di "vivificare" la memoria è piena di insidie e trabocchetti. Ci sono luoghi comuni difficili da smontare, come quello che considera il fascismo una dittatura forse feroce, ma tutto sommato refrattaria a usare l'antisemitismo. Neanche il lavoro di molti storici che hanno "decostruito" questo luogo comune sono riusciti a modificare il senso comune che l'accompagna. C'è poi la montagna di testimonianze degli atti di solidarietà degli italiani "gentili" nei confronti degli ebrei in fuga dalle persecuzioni di nazisti e repubblichini di Salò. Ce ne sono state, è indubbio, ma questo non significa negare il razzismo di stato dominante nell'Italia di allora. Se il paragone non fosse sul filo di un discutibile relativismo, si potrebbe dire che anche nell'Italia contemporanea motli abitanti sono solidali con i migranti, ma questo non cancella il razzismo di stato instillato nella società, e da molti fatto proprio, da leggi e decisioni politiche.
Sentimenti e riflessioni indotti da questo libro che alterna foto a racconti sui "luoghi della memoria in Italia" curato da Lia Tagliacozzo e Sira Fatucci 8le foto sono di Luigi Baldelli). Sono narrati sette luoghi italiani in cui sono stati detenuti, torturati, uccisi, esiliati ebrei italiani tra il 1938 e la fine della seconda guerra mondiale. Alcuni sono noti (Fossoli, Risiera di San Sabba, Fosse Ardeatine), altri no (Tremiti, Agnone, Meina, Ferramonti). Ognuno di loro è visitato da uno scrittore o un giornalista (Gianfranco Goretti, Emanuele Trevi, Fulvio Abate, Ettore Mo, Elena Stancarelli, Marco Rossi-Doria) che lo racconta, mettendo in evidenza come il tempo non sia ancora riuscito a cancellare le tracce di quei campi di concentramento e di sterminio presenti in Italia. Ma nelle pagine traspare anche un sentimento di sgomento. Sgomento perché visitarli vuol fare i conti con la storia del nostro passato. Sgomento perché motli di questi posti sono stati semplicemente rimossi dalla memoria. E dunque come far diventare la memoria, anche quella da poco scoperta, "materia vivente"? Raccontando ciò che è accaduto, ovviamente, ma anche gettare luce sulle ombre che il passato proietta sul presente. E una delle ombre è che quella pianificazione dello sterminio non è un incidente di percorso della modernità, ma frutto degli strumenti, della tecnologia, dei saperi che la modernità aveva prodotto. E che dunque possono essere attivati nuovamente. Nuovamente verso gli ebrei, ma anche verso chi viene indicato come il nemico interno. In fondo, questo è il momento storico che stiamo vivendo, proprio quando l'Antisemitismo viene ufficialmente bandito dall'Europa, in questo stesso vecchio continente le uova del serpente possono produrre altri mostri.



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