Chalier, l'abc dell'etica è una questione di qabbala

Recensione a Le lettere della creazione
di Massimo Giuliani - Avvenire

Se si crede, come scrive Gershom Scholem, che "il mondo del linguaggio è il vero mondo spirituale" e che "le lettere sono le configurazioni della forza creatrice di Dio", allora non sorprende che l'alfabeto ebraico possa diventare la grammatica della vita religiosa. Così la pensavano i qabbalisti e così continuano a pensarla molti filosofi ebrei, che del misticismo ebraico sono diventati un po' gli eredi. Così sembrano pensarla anche due significativi esponenti della cultura ebraica francese, non a caso discepoli di Emmanuel Levinas: il rabbino Jean-Marc Ouaknin e la filosofa Catherine Chalier. E se il primo si è cimentato soprattutto sugli aspetti esoterici ovvero sui segreti delle ventidue lettere che compongono l'alfabeto dei testi sacri, Catherine Chalier, già nota in Italia per i libri "Angeli e uomini" e "Le matriarche" (Giuntina), ha esplorato invece gli aspetti etico-universali insiti in quell'alfabeto. Nel volume "Le lettere della creazione", appena tradotto, la'llieva di Levinas indaga e offre alla contemplazione del lettore la complessa stratificazione di significati che i maestri di Israele hanno costituito lungo is ecoli su ciascuna delle consonanti che compongono l'alfabeto biblico (è noto che in ebraico non vi sono le vocali). Dalla "alef" alla "taw", ogni lettera contiene un mondo di valori e connessioni, estratto dalla sua stessa grafia, dal suono e naturalemnte dal suo valore numerico, dato che le lettere in ebraico designano anche i numeri. La "alef" dunque, che Jorge Luis Borges elevò a titolo di una propria raccolta di racconti, in quanto prima lettera dell'alfabeto corrisponde al numero uno, anzi all'Uno, e come unità e unicità assolute è impercettibile e di fatto impronunciabile: reale seppur non coglibile dai sensi, condizione per la molteplicità e tuttavia ad essa sottratto, radice invisibile di tutto e di tutto ispirazione. Poi la "bet", la seconda lettera, che indica la casa, ha il valore di due e pertanto significa la pluralità, la molteplicità. Per questo, secondo un antico "midrash", Dio l'ha scelta per iniziare la rivelazione biblica: la "bet", infatti, è la prima lettera della prima parola della Genesi, e in essa è racchiusa umiltà e accoglienza, ma anche l'espiazione, che ha sede nella "casa" per antonomasia, il tempio, chiamato in ebraico "bet hamiqdash", la dimora del Santo. E via estrapolando da un testo che riesce a dosare saggiamente cose nuove e tesori antichi: le antiche interpretazioni rabbiniche e qabbalistiche, secondo le quali Dio avrebbe creato il mondo esattamente con l'ausilio delle lettere, e quelle nuove, come la tensione all'uscita da sé e l'imperativo al riconoscimento dell'altro, la grande lezione levinasiana della quale la Chalier è la discepola creativa. Il volume è completato da un glossario e dai profili dei principali autori citati, tra cui si distingue il Rebbe di Gur, detto il Sefat Emet, voce originale del chassidismo moderno, il cui stesso soprannome indica la "lingua della verità" o, secondo un'altra traduzione, "il labbro sincero", metafora di ciò che da un maestro ci si aspetta: l'autenticità, la coerenza tra parola e vita, l'onestà intellettuale e la dedizione al vero. Tutte caratteristiche non difficili da ritrovare anche nella prosa della Chalier, una delle filosofe ebree contemporanee che non ha sacrificato la verità per la fama, ma la cui fama deriva solo dalla sua passione per la verità.



 


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