Una riflessione di stretta attualità

Recensione a Zakhor
di Anna Foa - Pagine ebraiche 

La scomparsa nel 2009 di Yosef Hayim Yerushalmi, uno dei maggiori storici della nostra epoca e uno dei più importanti fra gli storici degli ebrei, prestigioso docente di storia ebraica alla Columbia University di New York, continua a solelcitare riflessioni, convegni, riedizioni e traduzioni delle sue opere. Mentre il 21 aprile andrà in libreria, ripubblicata da Giuntina, una delle sue opere più significative e conosciute, "Zakhor - Storia ebraica e memoria ebraica", un libro ormai introvabile nella sua prima edizione per Partiche del 1982, in Francia la casa editrice Allia fa uscire la traduzione di una sua importante conferenza del 1993 sul pensiero politico ebraico sotto il titolo "Serviteurs dei rois et non serviteurs des serviteurs", un tema arendtiano classico che suscita tuttora vivaci discussioni fra gli storici (e non solo) e che Yerushalmi rivisita in questo breve testo con la consueta finezza. Ancora, il nuemro di dicembre di "Critique" riporta tre interventi su Yerushalmi sotto il titolo "Yerushalmi, historien de la mémoire et de l'oubli". Pochi giorni fa, inoltre, si è tenuto a Parigi, al Musée d'art et d'histoire du Judaisme, un colloquio organizzato dalla storica Sylvie Anne Goldberg sotto il patrocinio dell'Ecole des hautes études en Science Sociales, della Fondation Maison des sciences de l'homme, del Centre des Recherches Historiques e della Fondation du Judaisme Français, dove studiosi di vari paesi si sono confrontati sulle tematiche affrontate da Yerushalmi, sul contributo da lui dato non solo alla storia degli ebrei ma alla disciplina storica tutta e sulla ricezione delle sue opere nei vari paesi europei e negli Stati Uniti. Tre i principali filoni d'indagine e di discussione di un colloquio denso e decisamente riuscito. Nel primo, quello sugli studi sui conversos e i marrani, a cui Yerushalmi ha dato un contributo fondamentale con il suo libro "Dalla corte al ghetto. La vita, le opere, le peregrinazioni del marrano Cardoso nell'Europa del Seicento" (apparso nel 1971 e tradotto da Garzanti nel 1991), Yosef Kaplan e Nathan Wachtel, tra i principali studiosi di questo campo ormai divenuto un campo autonomo di studi, hanno messo in luce le caratteristiche fondamentali dell'approccio di Yerushalmi alla questione marrana: l'attenzione costante al rapporto con la mdoernità, la sottolineatura della svolta rappresentata dal fenomeno del marranesimo nella storia degli ebrei e in quella più ampia dell'Europa del Cinque-Seicento, la discussione del ruolo di Spinoza nella laicizzazione della storia ebraica, tutte suggestioni che hanno introdotto nuovi campi di ricerca e che hanno rinnovato profondamente la storiografia abraica. Strettamente collegato a queste tematiche è ils econdo tema trattato dal colloquio di Parigi, quello di Yerushalmi storico di Freud e del suo mondo nel suo ultimo, straordinario libro del 1991 "Il Mosè di Freud - Giudaismo terminabile e interminabile" (tradotto in Italia da Einaudi nel 1196).

Il terzo tema è quello appunto sulle novità introdotte da Yerushalmi nel campo della storiografia ebraica, novità di cui egli stesso era perfettamente consapevole se in Zakhor nel 1982 poteva scrivere che "è proprio la natura stessa dei miei studi, e il metodo in cui li affronto - se vogliamo ciò che insegno e quel che scrivo - che rappresenta un fenomeno del tutto nuovo. Paradossalmente, ironicamente, sono consapevole che il modo in cui cerco di immergermi nella storia ebraica equivale a una rottura decisiva con quella storia" (p.113 dell'edizione Giuntina 2011). Un tema storiografico che riporta al ruolo determinante giocato dall'apparizione di Zakhor sulla scena culturale europea, che introduce quindi il tema della recezione: perché la grande fortuna di questo piccolo testo, in che modo esso ha finito per rappresentare qualcosa di più simile a un manifesto che a un libro? Esso introduce, evidentemente anche altri due problemi importantissimi: da una parte, il rapporto tra la storiografia ebraica di Yerushalmi e la storiografia tout court.

Yerushalmi è storico, punto. I suoi libri sono opere di storiografia, senza aggettivi o limitazioni. Dalla finestra della storia ebraica, lo storico si affaccia sul mondo intero, un'ottica questa che è stata presente in tutti gli interventi del colloquio parigino. Dall'altra, il tema del rapporto tra memoria e storia ebraica, un tema che è alla base della riflessione di Zakhor e che ha avviato mutamenti radicali sia nel campo della storiografia ebraica, e vorrei sottolinearlo della storiografia tout court, che in quelli della storia della memoria. Perché in Zakhor Yerushalmi non si limita a proporre una visione della memoria ebraica come nettamente opposta alla storia eraica, con una struttura e una funzione cioè radicalmente diverse, ma storicizza tanto la nascita della memoria che quella della storiografia, aprendo così la strada a tutte le riflessioni di "storia della memoria" che nel corso degli ultimi anno hanno contestualizzato la nascita della memoria ebraica, ne hanno seguito il percorso nel tempo.

Il tema è evidentemente collegato a quello della memoria della Shoah, che prendeva slancio proprio in questo periodo, all'inizio degli anni Ottanta, e di cui Yerushalmi non parla quasi, concentrato invece a riflettere sulla perdita della memoria ebraica rispetto al cerscente sviluppo della storiografia ebraica. Una sorta di profezia mancata, questa, che è stata rimproverata allo storico in anni recenti, in particolare nel corso di un importante dibattito a lui dedicato nel 2007 dalla rivista americana Jewish Quarterly Review, fitto di suggestioni e di stimoli per una riconsiderazione della storia e della storiografia degli ebrei. In realtà, da una parte la memoria di cui Yerushalmi deplora la perdita non è la memoria della Shoah, am semmai quella della tradizione, cioè una ripetizione rituale fuori dal tempo attraverso cui il passato può diventare presente, la struttura entro la quale la cultura ebraica tardizionale ha organizzato e tenuto sotto controllo il suo passato. Dall'altra, lo stesso Yerushalmi rispondeva a quanti avevano interpretato il suo libro come un rifiuto della storia nel colloquio sull'oblio tenutosi nel 1987 a Royaumont, e poi divenuto una postfazione all'edizione americana del 1996 (e opportunamente presente nell'edizione che Giuntina sta ripubblicando), riaffermando invece la dignità essenziale della vocazione storica. Un semaforo verde a quanti, come me oggi, se non allora, hanno interpretato il libro più come una riaffermazione della storia che come una sua negazione, e hanno scoperto in quelle pagine il valore rivoluzionario dell'irruzione della storia nel campo della cultura e delle modalità di pensiero dell'ebraismo. Il fatto che Yerushalmi sia stato essenzialmente, come è stato detto, uno "storico delle rotture", non è certo il minore dei motivi della sua attrazione per gli storici di oggi e per il semplice lettore. Come si vede, nonostante quasi trent'anni siano passati dal momento dell'apparizione di Zakhor, le tematiche affrontate da Yerushalmi non hanno perso nulla della loro novità e della loro incisività. Sono ancora vive e presenti, sia fra gli addetti ai lavori che fra i lettori comuni, in ciò che si scrive, si dibatte, in ciò su cui ci si interroga.

Il 19 maggio, l'Unione delle Comunità Ebraiche e la Giuntina daranno vita, al Centro Bibliografico dell'UCEI, a un nuovo dibattito, significativamente intitolato "Rileggere Zakhor". Una rilettura che è sempre nuova, offre sempre nuove possibilità all'interpretazione, come succede con i libri che risvegliano davvero la nostra mente e danno via libera al nostro pensiero.




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