Salvato dal calcio del bullo
Recensione a Una strana fortuna
di Marilia Piccone - WUZ
Quando tutti quelli che ti sono vicino muoiono o sono già morti, che
cosa è che fa sì che tu invece continui a vivere? Fortuna? O la forza di
aggrapparsi disperatamente alla vita? Sono le domande che Maurice
Grosman, unico sopravvissuto all’Olocausto della sua famiglia, si chiede
fino all’ultima pagina del libro in cui raduna i suoi ricordi degli
anni di guerra.
Nel 1942 Maurice ha dodici anni.
La sua famiglia è di origine polacca, emigrata a Parigi.
Suo padre, ebreo osservante, è stato arrestato. Non si sa nulla di lui.
La
mamma cuce la stella gialla sulle giacchette dei bambini quando viene
emanato l’ordine che è obbligatorio per gli ebrei esibirla.
A scuola
sono tutti incuriositi dalla stella. “Che cos’è un ebreo?”, domanda
qualcuno. “E’ un giudeo”, risponde un altro. E c’è un’ombra di disprezzo
che a Maurice non piace affatto in quella definizione. Iniziano i
dispetti, gli insulti, le provocazioni. Un giorno Maurice si prende un
calcio in una gamba. Il compagno di scuola aveva le scarpe chiodate.
È
incredibile, ma questo è il primo colpo di fortuna di Maurice: trovarsi
ricoverato in ospedale per una frattura quando viene eseguito il
rastrellamento del quartiere in cui abitano i Grosman.
La madre, le sorelle e il fratellino saranno portati al Vélodrome d’Hiver e poi saliranno su un convoglio per Auschwitz.
Secondo
colpo di fortuna: quando arriva perfino negli ospedali l’obbligo di
denunciare la presenza di degenti israeliti, il direttore dell’ospedale
di provincia in cui ora è ricoverato Maurice cambia nome in fretta e
furia ai ragazzi ebrei, falsifica i documenti. Alcuni riescono a
sfuggire alla retata. Tra di loro, Maurice.
Terzo colpo di
fortuna: dopo lo sbarco in Normandia, gli americani arrivano anche
nell’ospedale. Un medico americano propone un farmaco ‘miracoloso’ per i
ragazzi con la tubercolosi ossea (la frattura di Maurice si è
trasformata in questo male peggiore), ma non ce n’è a sufficienza per
tutti. Dapprima Maurice è uno dei prescelti per la cura, poi il suo
amico Samuel viene giudicato un caso più urgente. Samuel muore.
Maurice
sarebbe potuto morire molte volte, anche di meningite quando ci fu
l’epidemia in ospedale; avrebbe potuto lasciarsi morire non avendo più
notizie dei suoi familiari, dovendosi rassegnare all'idea di non vederli
più - ma ci si può rassegnare a una cosa del genere? Oppure quando, a
guerra terminata e in via di guarigione, era stato condotto in un
orfanotrofio, senza alcuna prospettiva di futuro. Forse, nel suo caso, a
differenza del ragazzo sopravvissuto al lager che incontra in seguito,
hanno giocato entrambe le cose: la fortuna, che è cieca, si sa, e quella
forza vitale che a volte non sappiamo neppure di avere.
Una
strana fortuna - il titolo originale, N’habite plus à l’adresse
indiquée, parla del trauma della scomparsa senza traccia di quelli che
il ragazzino Maurice ama - è il racconto dei tre anni che cambiarono la
vita di Maurice Grosman. Il tempo lentissimo passato in solitudine in un
letto d’ospedale è già, di per sé, un incubo per un dodicenne. Quando
poi quell’incubo viene popolato dall’angoscia, dalla paura di mostri con
la croce uncinata sulla divisa, le tinte si fanno ancora più buie.
Dalla
voce di Maurice dodicenne che cresce sdraiato in un letto sentiamo la
sua esperienza, confortata - bisogna dirlo - da persone gentili: il
medico, un’infermiera, il maestro straordinario che fa volontariato tra
le corsie (apprenderemo la sua storia per intero alla fine), la giovane
assistente sociale che arriva parteggiando per Pétain e si ‘converte’ a
De Gaulle, il vecchio tuttofare che porta i vassoi del pranzo e
distribuisce giornaletti da leggere.
Qualche anno dopo la
Liberazione Maurice Grosman apre un piccolo negozio di vestiti: sarà
l'inizio della catena internazionale del marchio Celio da lui creata nel
1975.