Recensione a La città della fortuna di Elie Wiesel
di Giulio Meotti - Il Foglio
Sei solo un cretino - continuò l'ufficiale. - Credi di poter tener duro. Ti credi forte. Altri l'hanno creduto prima di te. Un giorno, due, tre... Alla fine hanno parlato. Anche tu parlerai. Vuoi aspettare? Ben volentieri. Aspettiamo, io ho tempo. Vuoi giocare? Giochiamo, ma ti avverto, il gioco è truccato, il risultato risaputo. Perdi, hai già perso. In questa stanza si diventa loquaci senza volerlo. Presto, tra un'ora, forse tra tre giorni, ti metterai a gridare, a urlare. Non chiederai che di scaricarti, di liberarti. Ogni minuto aumenterà il peso del tuo fardello. Lo sentirai nelle gambe. Qui sono le gambe che diventano loquaci". Un seviziatore erudito ha chiamato sadicamente "preghiera" la tortura che "consiste nello spezzare la resistenza del prigioniero obbligandolo a restare in piedi fino allo sfinimento. E' perché gli ebrei pregano in piedi che questa tortura ha preso ora il nome di preghiera. Si mette il prigioniero davanti a un muro: ci resta giorni e notti. Proibito muoversi, appoggiarsi. Il prigioniero può chiudere gli occhi e anche dormire se riesce a farlo senza toccare il muro. E' proibito anche incrociare le gambe. Ogni otto ore viene condotto al gabinetto e, al ritorno, trova un nuovo ufficiale in servizio".
La maggior parte dei prigionieri non resiste più di ventiquattro ore ma, a Michael, Pedro ha chiesto, quando gli ha organizzato il passsaggio clandestino, di tenere duro tre giorni nel caso venisse arrestato. "Il tempo necessario alle guide per attraversare la frontiere o per sparire". E allora Michael per resistere, per non pensare alle gambe che si fanno di legno e alle zanzare che lo trafiggono, viaggia con la mente. Ripercorre la sua vita, a partire da quando è nato in quella Szerencsevaros per cui il nome "Città della fortuna". Pedro lo ha preso in giro. "E' questa la sua fortuna?". Michael protesta: "Non prendermi in giro! Non devi scherzare su città che hanno avuto la fortuna di sopravvivere a tante occupazioni straniere, a tanti regimi diversi. Tutte le potenze europee, grandi e piccole, se la sono contesa. A volte mi sembra che Szerencsevaros sia stata la vera posta in gioco nelle due guerre mondiali. Prima faceva parte dell'Austria, poi fu ceduta all'Ungheria che la consegnò alla Romania per riprendersela venti anni dopo. Poi fu la volta della Germania che ci teneva ad avere l'onore di incorporarla nel Terzo Reich, il che permise alla Russia di sottrargliela. Così i quarantamila abitanti di Szerencsevaros non sanno mai di quale paese sono i cittadini fedeli e leali. Capisci dunque Pedro, che non bisogna prendere in giro una città leggendaria che fa gola a tutti i governi d'Europa".
E poi Parigi, il lager, Tangeri. Michael parla con Dio. Ripercorre i suoi studi di teologia ebraica e di filosofia. Il presente sembra mescolarsi al passato e al futuro, in un incubo talmente straniante che si può leggere il libro per un bel po' prima di capire che i torturatori non sono hitleriani ma stalinisti. Sopravvissuto all'olocausto nazista, Michael ha infatti voluto sfidare le regole della cortina di ferro, semplicemente per un ritorno alla città natia che è anche una simbolica ricerca delle radici. "Hai mai sentito parlare di quei saggi che in India si alzano un mattino, lasciano moglie e figli, e se ne vanno alla ricerca di una verità senza sapere neppure dove cercarla? Io lo so: si trova a Szerencsevaros". E l'incubo si rivela un percorso iniziatico, per ricomporre quei rapporti che Michael aveva visto tragicamente spezzarsi nel mondo e in se stesso: il rapporto tra l'uomo e Dio, il rapporto tra l'uomo e il suo prossimo.