ASSAGGIO: Voce di silenzio sottile

 

Haim F. Cipriani

Divino interprete


«Mosè disse ai figli d’Israele: “Vedete, YHVH ha chiamato
per nome Betzalel, figlio di Uri, figlio di Chur, della
tribù di Giuda. L’ha riempito dello spirito di Dio, in saggezza,
discernimento e penetrazione in ogni opera”». 10


Betzalel è l’artista che saprà realizzare il tabernacolo con
qualcosa che a Mosè manca: il talento artistico. Mosè ha
ricevuto le istruzioni in ogni dettaglio. Certamente sarebbe
stato in grado di realizzarle con precisione, ma fra un lavoro
preciso e un’opera d’arte, fra il corretto e il sublime,
vi è una distanza incalcolabile. La scelta di Betzalel non è
casuale. Egli è figlio di Chur, che secondo la tradizione si
era opposto alla costruzione del vitello d’oro, ed era stato
ucciso per questo. 11 Suo figlio è quindi scelto per realizzare
il tabernacolo, che è la chiave della nuova pedagogia usata
nei confronti del popolo ebraico: il fatto di essere scelto è
una sorta di ricompensa per il coraggio del padre. 12
In ogni caso, il fatto che la realizzazione dei dettagli del
tabernacolo sia lasciata alla creatività di un essere umano
non è per nulla banale. Vero è che la Torà fornisce con precisione
le misure e i materiali, oltre ad alcune precisazioni
tecniche. Ma non tutto è fissato con precisione. Pensiamo al
volto dei due cherubini per esempio. Nulla è detto a questo
proposito. Appare quindi evidente che non siamo in presenza
solo di esecutori, ma di artisti in grado di dare il loro stile
personale, il loro tocco particolare all’opera, come accade
in ogni forma di arte. Questo vale per il tabernacolo, ma
naturalmente per tutta la Torà. Le istruzioni scritte sono solo
una base, ma sta agli artisti, ossia ai maestri di ogni generazione,
ispirarvisi e metterle in pratica nel loro modo peculiare.
Pensiamo a una partitura musicale. Essa contiene molte
informazioni su come la musica andrà suonata, ma la grande
maggioranza dei dettagli non può essere fissata per iscritto,
e perfino la totalità delle note da eseguire non è indicata, in
particolare fino al XIX secolo. Moltissime cose rimangono
quindi nelle mani dell’interprete. Ciò vale anche per il tabernacolo,
e certamente per molti aspetti della vita religiosa.
Un midrash fa notare il modo in cui Betzalel interviene
in maniera attiva e critica nella realizzazione del progetto.
Se si guarda con attenzione la struttura delle istruzioni per
la costruzione, narrate nelle parashot di Terumà e Tetzavè,
si osserva che esse sono fornite a partire dagli oggetti più
importanti che il tabernacolo dovrà contenere. Si inizia con
l’arca, poi il tavolo, il candelabro ecc., per poi passare alla
struttura portante del tabernacolo. Quando invece si parla
della realizzazione, nella parashà di Vayakhèl, l’ordine seguito
è l’opposto, si inizia dalla struttura per poi costruire gli
arredi e il contenuto. Betzalel, ascoltate le istruzioni, avrebbe
fatto notare a Mosè che certamente vi sono buone ragioni
per elencare le cose partendo dalle più importanti, ma che
l’ordine normale di costruzione è l’esatto contrario. Quindi
forse, asserisce Betzalel, quando Dio ha elencato in ordine
di importanza non intendeva che le cose fossero costruite
esattamente in quell’ordine. Mosè riconosce che Betzalel
ha saputo comprendere l’intenzione profonda di Dio, e il
suo nome, che significa «nell’ombra di Dio», è pienamente
corrispondente al suo talento. 13 Se leggere i dettagli che si
trovano in luce è cosa abbastanza normale, leggere nell’ombra
è cosa non da poco. L’ombra presenta contorni esterni
abbastanza netti, ma nessun altro dettaglio né tratto specifico.
Tornando a quanto scritto sopra, saper leggere non solo
la luce, ma anche l’ombra della Torà, è fondamentale per
l’ebreo di oggi. Per ombra intendiamo ciò che non è detto
ma a cui si allude, ciò che è detto ma che non va necessariamente
fatto, ciò che non è detto chiaramente ma che va
assolutamente fatto.
Un midrash 14 sottolinea che le stesse identiche espressioni
utilizzate per descrivere le facoltà di cui l’artista è
stato colmato, chokhmà, tevunà e dàat, si ritrovano in un
altro passo: «YHVH ha fondato la terra con la saggezza,
con discernimento ha consolidato i cieli, attraverso la sua
penetrazione si sono aperti gli abissi, le volte celesti stillano
rugiada». 15 Saggezza, discernimento, capacità di penetrazione
sono i tre elementi che il passo dei Proverbi usa
per descrivere il processo creatore di Dio, che Betzalel ricalcherà
nell’edificare il tabernacolo. La saggezza sembra
essere una sorta di capacità progettuale e immaginativa
simboleggiata nel passo succitato dal progetto divino della
creazione, fondamento di ogni altra cosa. Il discernimento
è la capacità di andare oltre le linee generali e comprendere
la natura profonda di ogni parte del progetto, mettendolo in
pratica con la flessibilità necessaria a renderlo aperto alla
crescita, processo simboleggiato dai cieli che Dio consolida.
La capacità di penetrazione è quella che permette alle due
fasi precedenti di armonizzarsi e diventare davvero feconde.
Non a caso si chiama dàat, l’espressione che la Torà usa per
parlare dell’unione sessuale.
Gli stessi tre elementi sono citati in un altro passo del
libro dei Proverbi: «Con la saggezza si costruisce una casa,
la si consolida con il discernimento, le sue stanze si riempiono
con la penetrazione...». 16 In tutti questi casi si parla di
dimore. La creazione divina è il luogo in cui l’uomo abita,
il tabernacolo è il luogo in cui si cerca di far intensificare la
presenza divina. La casa qui è simbolo non solo di una residenza
umana, ma del modo in cui l’uomo rende la sua stessa
vita una residenza ricca di spirito e del flusso dell’energia
trascendente. Quando l’essere umano sa armonizzare il seme
dei suoi progetti con la capacità di analisi e di discernimento,
e arrivare attraverso questo processo a rendere l’intuizione
originaria qualcosa di fecondo per sé e per gli altri,
ciò che avviene è una fedele replica del processo creatore di
Dio. Il livello più elevato a cui l’uomo possa aspirare.

 

10 Es 35, 31.
11 TB, Sanhedrin 7a.
12 Shemot Rabbà 48, 3.
13 TB, Berachot 55a.
14 Tanchumà, Vayakhèl, 5.
15 Prov 3, 19-20.
16 Prov 24, 3-4.




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