Prendersi cura dell'anima

Giorgia Greco recensisce L'anima di Adin Steinsaltz
su Informazionecorretta.it


“Prestare attenzione all’anima”, citando un piyut (poesia liturgica) di Rav Shmaya Kosson, ovvero adoperarsi per essere in contatto con essa avendone cura nel cammino che si protrae per tutta la vita è l’esortazione che pervade il saggio di Adin Steinsaltz, “L’anima”, in libreria in questi giorni. Eminente figura spirituale, filosofo e scienziato noto in tutto il mondo per aver tradotto il Talmud in ebraico e nelle principali lingue occidentali Adin Steinsaltz, nato in Israele nel 1937, riveste un ruolo unico per la sua capacità di essere un ponte fra laici e religiosi. Nominato nel 1988 dalla rivista Time “studioso del millennio” Steinsaltz ha pubblicato in Italia con Giuntina opere importanti come “La rosa dai tredici petali” e “Cos’è il Talmud”, una guida quest’ultima per chi vuole conoscere la “luce” del Talmud ma anche un’opportunità per chi vuole approfondirne lo studio. 

La lettura dell’ultimo saggio di Steinsaltz è un’ avventura intellettuale senza confronti, oltre che un’accurata meditazione che suscita interrogativi, spesso sopiti dal frastuono dell’ambiente circostante, capaci di avvicinare l’uomo alla propria interiorità. Cos’è l’anima? Come si può cogliere la sua voce e comprendere l’influenza sulla vita di ciascuno di noi? Cosa accade all’anima dopo la morte? Sono quesiti ai quali l’autore cerca di rispondere sia sotto il profilo filosofico sia sotto quello religioso per condurre il lettore, attraverso un percorso di approfondimento, ad acquisire un livello più alto di conoscenza della propria interiorità. Dell’anima, un’entità poco conosciuta ma della cui esistenza siamo certi quanto lo siamo di quella del corpo, l’autore asserisce ciò che è stato detto del “Santo, benedetto Egli sia, cioè che, come Lui, anch’essa è più vicina di ogni cosa vicina e più lontana di ogni cosa lontana”. Steinsaltz non sottovaluta le sofferenze dell’anima in quanto l’essenza e il significato dell’anima si palesano proprio nei momenti difficili: soltanto nei periodi di sofferenza prendiamo coscienza di avere una parte nascosta della cui presenza non eravamo consapevoli sino a quel momento, o l’avevamo ignorata per molti anni. Inoltre individui più sensibili della media, e non solo quelli dotati di una spiritualità fuori dal comune, possono essere scossi da eventi dolorosi che non fanno parte del circolo ristretto delle loro vite e dunque si fa riferimento al “dolore della Shekhinà” per intendere qualcosa che non tocca la vita della persona, ma è parte della sofferenza del mondo nel suo insieme. Poiché elemento fondamentale dell’anima - di cui l’autore riconosce differenti piani (da nefesh, la forza vitale a neshamà, il livello più alto) - è il suo essere una scintilla del Santo, il punto focale della sua essenza è da ricercarsi nella pulsione a giungere al suo Creatore e a ricercare una strada che lo conduca a Lui. 

Di grande interesse sono le argomentazioni del Maestro sul libero arbitrio (“La scintilla divina presente nell’uomo, la cui sostanza interiore è più elevata persino di quella degli angeli, è la scintilla del libero arbitrio”), sulla morte (“Chiunque creda nell’esistenza dell’anima come una sostanza spirituale e indipendente comprende che, contrariamente alla materia che per sua stessa natura muta e deperisce, l’anima non può morire”), sulle reincarnazioni. Poiché all’anima di ciascun essere umano è riservato un compito specifico nell’universo se, per diverse ragioni, tale compito non viene portato a termine l’anima viene rimandata in questo mondo perché possa realizzare quanto le è stato assegnato. Tale ritorno che prende il nome di ghilgul neshamà è in definitiva una nuova opportunità che l’individuo riceve per eseguire l’incarico affidatogli. Nell’ultimo capitolo Steinsaltz ci esorta ad “ascoltare l’anima”. Anche se gli esseri umani, dotati di libero arbitrio, possono scegliere di ignorare la voce dell’anima oppure metterla a tacere, l’autore ritorna sul consiglio del poeta “prestate attenzione all’anima” come invito a trasformare tale ascolto in una attività costante e intenzionale. In tal modo “una persona che consapevolmente mette a tacere il rumore di fondo della propria esistenza per prestare ascolto costante alla voce interiore dell’anima può pervenire al livello che abbiamo chiamato “l’anima dell’uomo lo istruisce” e ricevere indicazioni preziose sia nelle azioni durante il corso della sua esistenza, sia nei modi in cui percepisce e comprende il mondo che lo circonda. “L’anima” di Adin Steinsaltz è un saggio imperdibile da leggere e rileggere con il rispetto dovuto a un Maestro che, come pochi altri, riesce a veicolare con semplicità e immediatezza concetti complessi, condividendo con i lettori il suo immenso sapere.




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