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Una memoria da conservare

Giorgia Greco scrive su Informazionecorretta.it
del libro di Arnold Zweig La famiglia Klopfer

“E’ sconcertante osservare come i Klopfer siano numerosi: trascurerò ciononostante senza timore coloro che, con me, non hanno alcun rapporto. Per quanto mi riguarda, è comunque incantevole e rilevante penetrare nel regno del sangue e, attraverso una prudente psicologia e fisiologia, estrarre quell’oggetto singolare e ai miei occhi motivo di costanti, fondati interrogativi che prende il nome di io, e il mio io – insignificante per tutti tranne che per me – è la mia storia clinica che comprende quattro generazioni”.

Ritratto commovente e ironico di una famiglia ebraica arrivata in Germania dalla Russia, “La famiglia Klopfer”, dello scrittore tedesco Arnold Zweig che Giuntina manda in libreria in questi giorni, è un autentico capolavoro letterario. Di umili origini dopo gli studi di sociologia e cultura tedesca Zweig si rifugia nel 1933 in Palestina per sfuggire alle persecuzioni razziali, ritornando a Berlino solo nel 1948 dove muore nel 1968. Illustre rappresentante dell’espressionismo tedesco, influenzato dalla psicanalisi e interessato in chiave marxista ai problemi della società, Arnold Zweig si è dedicato a un’intensa attività letteraria in cui si segnala, oltre a saggi di critica letteraria, un ciclo di libri scritti sulla base delle esperienze nel primo conflitto mondiale, il più famoso dei quali “La questione del Sergente Grischa” è la storia di un innocente russo preso in trappola dalla macchina della giustizia militare.




Il Vangelo: un documento ebraico

Una recensione di Rudy Flores al libro di Leo Baeck 
Il Vangelo: un documento ebraico

“L’aria pura che esala proviene dalla Scrittura sacra, perché lo spirito ebraico, e lui solo, vi 
predomina”. Proprio perché la fede, le sofferenze e le attese del popolo ebraico ne costituiscono le componenti esclusive, il Vangelo è un libro ebraico e “non delle meno importanti”. Così Leo Beack, (1873-1956) rabbino di Berlino sotto il regime nazista, definisce il Vangelo. Pubblica il suo saggio nel 1938 con il chiaro obiettivo di smuovere le coscienze della società cristiano tedesca dinnanzi alle persecuzioni.


Lettere dal '900

Matilde Quarti scrive su Panorama
sulla Corrispondenza tra Nelly Sachs e Paul Celan


È l’Europa più novecentesca quella che si respira nella Corrispondenza (appena pubblicata nella sua interezza da Giuntina) tra il poeta Paul Celan e Nelly Sachs, poetessa e vincitrice del Nobel nel 1966. Si tratta di un lungo dialogo tra due anime affini, legate da una sensibilità profondamente ferita dall’Olocausto (entrambi di discendenza ebraica, hanno vissuto l’orrore dell’antisemitismo sulla loro pelle e su quella dei loro cari) e da un’attenzione febbrile per la parola, sia questa scritta o parlata.
Le loro lettere – quelle di Nelly Sachs sono in numero maggiore –, con un linguaggio che per forma e stile appare oggi decisamente desueto, in poche righe e molti convenevoli riescono a trasmettere le atmosfere dell’Europa tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta: un paese profondamente ancorato alla storia in cui i confini sono qualcosa di estremamente tangibile e la libertà di movimento di cui godiamo oggi un sogno non ancora realizzato.




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