Kenaz il mosaicista

Recensione a Ripristinando antichi amori di  Yehoshua Kenaz
di Giusi Meister - La biblioteca d'Israele

"Un uccello fece il nido sulla riva del mare. Salì l'alta marea e il nido si allagò. Cosa fece, allora? Prese dal mare una goccia con il becco e la versò sulla riva, poi la coprì con una presa di terra. Una e poi un'altra, e via di seguito. Arrivò un suo amico che, accortosi che era tanto affaticato, gli domandò:Perché tutto questo lavoro? L'uccello rispose: Non mi muoverò di qui finché non avrò reso il mare terra e la terra mare. Allora l'altro: Stolto che sei, non ce la farai mai".
(Bialik H.N., Rawnitzki Y.H., Racconti della tradizione ebraica)

"Ripristinando antichi amori" di Yehoshua Kenaz contiene al suo interno sei storie che si conficcano nella materia della vita come schegge dolorose. Ed è lo stesso Kenaz, con le sue mani generose, ad estrarle ad una ad una per restituirle alla luce e lavorarle fino a farne tessere di un mosaico.

Kenaz fa parte di quella categoria di scrittori che non teme di tagliarsi le mani maneggiando materiale tagliente. E, infatti, i suoi uomini e le sue donne sono creature frammentate e interrotte, materia viva spaccata per rivelarne l’anima segreta.

I destini individuali di questa umanità sono marchiati dall'isolamento e dalla separatezza, e ci rivelano, come tessere che non perdono la loro connotazione individuale, il mondo come un luogo complesso. Kenaz, proprio in ossequio alla complessità, non pretende mai di esaurire le esistenze, di costringerle dentro parole strette come scarpe troppo nuove. E’ il suo metodo. Il metodo del mosaicista.

Un mosaico, visto da vicino, non può mai essere consolatorio, perché è costruito su un gioco di fessurazioni. I pezzi, anche quando vanno al loro posto, non riescono a illudere l'occhio e il cuore raccontando della vita come di un luogo semplice: un mosaico è figlio della pietra spezzata.

"Ripristinando antichi amori" è, infatti, un libro su tutto ciò che la vita ha infranto e disperso, e sul tentativo che ogni essere umano compie di ricomporre in un impossibile disegno le schegge disperse della propria esistenza.

Kenaz ti assale visivamente con il suo profondissimo senso dei luoghi, e i condomini dalle pareti sottili, nella sua narrazione, sono gli spazi attraverso i quali filtra la polvere sporca delle piccole ostilità quotidiane.

In quegli appartamenti si consumano i tristi esili dal mondo della vecchiaia; le guerre familiari che rapporti affettivi sfilacciati ormai non possono più evitare; rapporti di coppia in cui due non è più lo sforzo di appaiare due differenze, ma un semplice raddoppiamento di se stessi. Una rinuncia a qualsiasi alleanza, una navigazione su rotte diverse.

E’ in questi spazi, in cui la vita si consuma nelle sequenze consuetudinarie dei gesti, che il vuoto dell'amore trova la suo eco.

Gabi, dal corpo asciutto e flessuoso, chiude tra quattro mura la propria vita per cercare di ottenere qualcosa di cui teme persino di pronunciare il nome; Abiram, inadeguato nello sguardo e nel cuore, attende dietro ad una parete i gemiti di piacere di un altro amore per nutrire il proprio; la famiglia del giovane Eylat, spaccata per la diserzione infamante del figlio, osserva impotente la matassa sfilacciata degli affetti; la badante filippina Linda riempie con la propria vita altra e diversa, la deriva senile di un vecchio abbandonato dai figli; la famiglia, che erode gli spazi condominiali nell'abusivo seminterrato, urla la propria esistenza per garantire una vita diversa alla figlia; l'anziano amministratore di condominio consuma i suoi giorni in una lotta ostile contro il mondo.

Attraverso tutto questo, Kenaz, esercita la propria lucida capacità di analisi della realtà israeliana: non rifiuta niente di ciò che lo circonda e, anzi, lo seziona nel dettaglio, senza risparmio alcuno. Il dettaglio è, infatti, il bisturi con cui Kenaz interviene sul mondo: lo scinde nelle sue componenti e ne lavora pazientemente le tessere.

La scrittura di Kenaz illumina gli spazi bui, gli anfratti polverosi, i vicoli ciechi della coscienza, ma lo fa con lucida e luminosa compassione. Ché la compassione non è buonismo, ma umana vicinanza di carne e sangue. In questo modo, si consente solo al tempo e alla vita di essere giudici di se stessi, mentre all'uomo viene soprattutto richiesto di essere vicino all'uomo perché ne condivide la stessa sostanza.

Così, "Ripristinando antichi amori" cresce lentamente nel cuore di chi lo legge perché non sacrifica mai l'umanità alle esigenze della narrazione ma, anzi, la celebra nelle sue quotidiane contraddizioni, e nella sua corsa faticosa in cui ci si sbuccia le ginocchia e l'anima. Così, per riportare la vita sul suo ipotetico asse, ci si spinge addirittura ad evocare l'intervento sanante della magia: "Si ripristinano antichi amori". Ed è quando si consuma l'impossibile tentativo di riafferrare l'istante fuggito, il momento in cui tutto poteva ancora succedere, che Kenaz ci spinge a riflettere sul peso delle nostre scelte.

La vita, forse, non sarà prosaica concretizzazione delle nostre volontà, serva dei nostri desideri, ma può essere navigata, come un fiume, tenendo conto delle correnti e della violenza delle piogge.

Vita è vivere, sempre e comunque; vita vuol dire essere pronti ad abbandonare l'acciaio per diventare esseri d'acqua e seguirne il corso sotterraneo perché - come ricordava anche Merleau-Ponty -, il corso delle cose è sinuoso.




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