Fino all'ultimo boccone

Lara Crinò recensisce I Middlestein
su D di Repubblica
 

La storia commovente e terribile di una famiglia della middle class ebraica di Chicago vista attraverso il rapporto con il cibo della madre

"Cosa c'è di speciale nel mangiare una cosa tutta intera, mi chiedo? Un senso di completezza? O è forse che così non rimane niente a ricordarti quello che hai appena fatto?". In questa domanda, presentando il suo nuovo romanzo, l'americana Jami Attenberg racchiude il tormentato rapporto col cibo che fin da bambina l'accompagna. E spiega la genesi di I Middlestein, bestseller del New York Times. Ora tradotto in Italia, è la storia commovente e terribile di una famiglia della middle class ebraica di Chicago, del lento deteriorarsi dei rapporti quotidiani e della solitudine che resta, come una pozza d'acqua salmastra, in fondo ai cuori di chi si ama. Al centro di tutto c'è Edie, la madre di famiglia, una big girl alta e grossa che tutti apprezzano per il suo lavoro di avvocato, per la mente acuta, per la sollecitudine verso familiari, amici, persino conoscenti della sinagoga. Edie è grassa, così grassa che può morire. E la sua lenta, scientifica autodistruzione diventa lo specchio della fragilità di tutti: del marito Richard, dei figli e dei nipoti, della nuora Rachelle che mangia solo crudité. Jonathan Franzen ha scritto gran bene di I Middlestein, e non è un caso. Perché il libro di Attenberg non ambisce alla maestosità nevrotica delle Correzioni, ma è per questo persino più vero e spietato nell'evocare il rumore del vuoto di certe case, quartieri, affollati centri commerciali. E tutti i modi malsani in cui ciascuno, senza colpe, cerca di metterlo a tacere.




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