Archivio martedì 18 ottobre 2016

TALMUD: ISTRUZIONI PER L'USO/3

Una piccola lettura dal Trattato Rosh HaShanà - 25a
"Accadde una volta che si presentarono due testimoni e dissero: di mattina abbiamo visto la luna calante a oriente e poi la sera dello stesso giorno abbiamo visto la nuova luna a occidente".
Si tratta di testimoni che hanno avvistato la luna e come da prassi vanno a comunicare l'avvistamento al tribunale in modo che questo possa proclamare l'inizio del nuovo mese. Tuttavia, in questo caso i testimoni affermano una cosa palesemente falsa! Infatti, prosegue il Talmud: (...)


IL MOSTRO DI JACOB

Carla Ghisalberti scrive di Il mostro di Jacob
su Letturacandida.it

"Jacob non si comportava sempre bene. È vero: le sue colpe non erano gravi. Si trattava di piccole, comuni trasgressioni: una promessa non mantenuta,il perdere la pazienza senza alcun motivo, qualche piccola bugia qua e là. Ma diversamente dalle altre persone Jacob non si pentiva mai di ciò che faceva. Non si scusava mai e non chiedeva perdono a nessuno. " Ma Jacob aveva un altro cruccio. Lui e la sua brava moglie non avevano figli. Così decisero di farsi aiutare da un rabbino, un saggio, un uomo giusto. Il fatto è che Jacob si comportò senza la minima gentilezza anche con il vecchio. D'altronde Jacob non si faceva troppi scrupoli di coscienza: si liberava ogni venerdì senza alcun rimorso dei suoi errori, spazzandoli via nella sua cantina, e poi una volta all'anno, in occasione del Capodanno, li riuniva tutti in un grande sacco e li trascinava al mare, per poi abbandonarli nell'acqua.


 


OH DIO MIO!

Nunzio Pizzuto scrive di OH DIO MIO!

Il libro di Anat Gov, insieme un'opera teatrale, un racconto, un'introduzione teologica, fa venire in mente due riferimenti: il primo relativo al film Train de vie, al monologo che il protagonista Shlomo pronuncia sul tema della presenza di Dio in rapporto con l'umano; il secondo al libretto di Aleksander Wat, Lucifero disoccupato. Nel primo il protagonista del film di Radu Mihaileanu, Shlomo appunto, arriva alla conclusione che l'uomo attraverso il testo sacro dà voce a Dio "solo per inventare se stesso", perché il problema non è chiedersi dell'esistenza di Dio ma "se l'uomo esiste".


Il bambino rapito da Pio IX

Corrado Augias scrive del libri di Gemma Volli
IL CASO MORTARA su Il Venerdì - Repubblica

Basta l'attacco per dare la dimensione del sopruso: "II fatto che mi accingo a raccontare avvenne a Bologna circa cento anni fa: esattamente mercoledì 23 giugno 1858, alle 10 di sera". Quella terribile sera «sgherri pontifici» entrarono nella casa della famiglia Mortara per prelevare, cioè rapire con un pretesto canonico, il piccolo Edgardo di neanche sette anni. Era accaduto che quando il bambino era stato così ammalato da sembrare in pericolo di vita, la domestica cristiana della famiglia ebraica, lo aveva di nascosto battezzato: in seguito aveva denunciato il fatto alle autorità ecclesiastiche. A quel punto, secondo le leggi dello Stato pont'Ificio, il bambino non poteva più convivere con degli «infedeli» e doveva essere tradotto nella casa dei catecumeni. Così avvenne.




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