Archivio domenica 11 ottobre 2009
Di Marina Morpurgo dalla raccolta Con gli occhi del racconto
Si chiamava Eliezer, ma dentro di me lo chiamavo dolcemente Lizy. Lui non lo sapeva, ma molto meglio così perché temo che non avrebbe apprezzato, era così timido, lui: Dio può essere una poderosa causa d’inibizione, magari non lo fa per cattiveria, ma il risultato è quello.
Di Michael Calimani da Pagine ebraiche
Recensione: La memoria dei padri di Cesare Vivante
Trent'anni di ricerche in polverosi archivi di mezza Europa e oltre: da Venezia a Parigi, da Londra a New York per poi tornare a Corfù, porta del mare e chiave dell'Adriatico, dove i Vivante cercarono rifugio dopo la cacciata degli ebrei dalla Puglia nel 1540.
Di Alessandro Piperno da Il Corriere della Sera
Recensione: Il mio amato
di Yehoshua Bar-Yosef
Togliete a uno scrittore la vergogna che prova per sé e per la propria condizione e cancellerete lo scrittore. Sarà mica per questo che un gigante come Proust evita ogni vittimismo ebraico e omosessuale. No, non c’è ombra di Jewish-pride e di Gay-pride nel fatato mondo della Recherche.
Di Mara Marantonio dal blog angolodimara.com
Recensione: Tempesta tra le palme
di Sami Michael
Uscito in Patria nel 1975. Si tratta di un altro importante sforzo nell’opera di estrarre dal tesoro della letteratura di Israele “
cose nuove e cose antiche”. La vicenda qui narrata si svolge a Bagdad ed ha come sfondo gli anni della Seconda Guerra Mondiale; in particolare l’aprile 1941, quando un colpo di stato fomentato dal Gran Muftì di Gerusalemme, il trucemente famoso Haji Amin al Husseini, porta al potere il
leader filonazista Rashid Alì al Gailani, costringendo il piccolo Re Feisal II e la Corte a fuggire in Transgiordania.
di Vito Mancuso da La Repubblica
Recensione:
Angeli e uomini di Catherine Chalier
Il celebre teologo tedesco Rudolf Bultmann scriveva qualche decennio fa che "non ci si può servire della luce elettrica e della radio, o far ricorso in caso di malattia ai moderni ritrovati medici e clinici, e nello stesso tempo credere nel mondo degli spiriti proposto dal Nuovo Testamento". Era il 1941.
Le prime due pagine del capolavoro di Romain Gary:
Era salito nel mio taxi in boulevard Haussmann, un signore molto vecchio con un bel paio di baffi bianchi e una barba bianca che dopo, quando ci siamo conosciuti meglio, si è fatto tagliare. Il barbiere gli aveva detto che lo invecchiavano e visto che aveva già ottantaquattro anni e rotti era inutile aggiungerne altri.
1909-2009: Tel Aviv compie cento anni. Per l’occasione riproponiamo parte dell’intervento di Benny Barbash all’ultimo
Festival Internazionale di Letteratura Ebraica tenutosi a Roma dal 24 al 28 ottobre. Barbash, scrittore e sceneggiatore tra i più apprezzati in Israele ha preparato per il pubblico del Festival una presentazione multimediale che ha ripercorso la storia della “Città bianca” dagli albori fino ad oggi, un viaggio emozionante fatto di poesia, immagini e aneddoti, un quadro entusiasmante e al tempo stesso contraddittorio di una città multiforme, estremamente vivace e proiettata verso il futuro, ma al tempo stesso alla prese con i problemi che contraddistinguono tutte le grandi città di oggi e la società moderna. Da una parte abbiamo scelto la canzone scritta da Yakov Gross
Leggenda sulle dune che esprime tutti i sogni e le ambizioni di coloro che hanno costuito la città ma anche il significato simbolico e ideale che Tel Aviv ha assunto nell’immaginazione colletiva israeliana, dall’altra, un brano inedito di Barbash tratto dal suo romanzo
Replay che ci racconta tutta la caoticità e la frenesia quotidiana di una qualsiasi metropoli. Le fotografie d’epoca che accompagnano la canzone fanno parte dell’Archivio Spielberg e dell’Archivio della Cinemateque di Gerusalemme.