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L'incredibile storia degli ebrei di San Nicandro

Roberto Saviano recensisce su Repubblica
Gli ebrei di San Nicandro di John A. Davis
 

Questa è una storia incredibile. Una di quelle che ad ascoltarle sembra una leggenda popolare tramandata.E inveceè una storia vera. Forse l'ultima storia mitica del Sud Italia.

Una storia avvenuta in Puglia, di cui pochi conoscono l'esistenza. Una storia che dimostra come la realtà sappia spesso superare l'immaginazione e come l'uomo sia capace di creare epopee dal solo seme delle proprie visioni e della propria forza interiore.


Amori e intrighi a Rio de Janeiro

Recensione a Traducendo Hannah
S. Nirenstein - La Repubblica

Nei primi decenni del ' 900, nella grande migrazione degli ebrei in fuga dai pogrom verso il Sud America, si verificò, contraddizione stramba in un mondo tanto pio, una vera tratta delle bianche: centinaia di donne, fatte partire con l' inganno oltreoceano (soprattutto attraverso matrimoni falsi già) si ritrovarono prostitute (e molti dicono che fu proprio in quegli ambienti promiscui che nacque l' azzardo del tango).



La vita soltanto è pronta ad ingannare

Uri Orlev - Poesie scritte a tredici anni a Bergen-Belsen (1944)
Recensione di Stefano Raimondi - PULP

Scrissi la prima poesia quando ancora ci trovavamo nel nostro  nascondiglio, nella parte polacca di Varsavia. È rimasta là. Quando il campo di concentramento fu ridotto, così come il numero dei bambini, ripresi a comporre poesie. Scrivevo la prima stesura su un'asse che avevo staccato dal mio tavolaccio e la ricopiavo sul taccuino...”. Ci sono poesie nate dalla bellezza e altre dal dolore, poesie scritte nella facilità del giorno e altre strappate alla notte. Alcune restano per far piacere, altre per far ricordare, come le poesie di Uri Orlev, - un giovanissimo ebreo polacco, il cui vero nome era Jurek Orlowski – che all'età di tredici anni perse la madre nel ghetto di Varsavia (uccisa dalle squadre naziste nel suo letto di ospedale) restando coi parenti (il fratello e una zia) che con lui sopravvissero alla morte. Nel 1943 furono portati poi a Bergen-Belsen e da lì la sopravvivenza divenne canto, traducendosi in versi. Questo fa sì che il taccuino di Uri Orlev (nome acquisito quando nel 1945, giunse in Palestina), resta un'importante testimonianza di come, un ragazzino di tredici anni, possa vedere il proprio mondo strappato all'umanità e la propria vita reietta, dentro un filo spinato, capace di dettargli parole ancora colme di umana speranza. Il volume riproduce le fotografie dell'intero taccuino slavato come una vita “altra” da salvare e che Orlev (oggi divenuto scrittore di fama internazionale e autore di libri per ragazzi e adulti), ci ridona con un'operazione ancora di trasmigrazione del proprio patire: la traduzione in ebraico di queste liriche scritte originariamente in polacco (...)


Ronaldo Wrobel parla del suo romanzo Traducendo Hannah

Max Kutner, un povero calzolaio ebreo polacco, emigra a Rio de Janeiro negli anni ’30. Un giorno, casualmente, viene convocato dalla polizia per tradurre lettere e documenti scritti in yiddish da sottoporre agli addetti alla censura. Entra così nell’intimità di tante vite, scopre sentimenti a volte banali, ma anche profondi e commoventi. Fra tutte le lettere, sono quelle scritte da Hannah alla sorella che vive a Buenos Aires che lo colpiscono di più per la saggezza e la sensibilità che racchiudono.




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