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La mia Israele declinata in versi

Intervista alla poetessa Agi Mishol a cura di
Anna Linda Callow e Cosimo Nicolini Coen

“La poesia ebraica – ha scritto Ariel Hirschfeld, professore di letteratura all’Università Ebraica di Gerusalemme – fino alla fondazione dello Stato, fu il mezzo primario nella formazione del nuovo ebreo. Fu una rivoluzione culturale di cui è difficile esagerare l’importanza per il popolo ebraico.


Il vero volto dello yiddish

Wlodek Goldkron scrive su Il viaggio di Yash
il capolavoro di Jacob Glatstein


Se Jacob Glatstein non fosse scrittore yiddish, oggi sarebbe considerato a parità di un Kafka, Joyce o Svevo. Nato nel 1896 a Lublino in Polonia, morto a New York nel 1971, una vita, a partire dal 1914, trascorsa nella metropoli sul fiume Hudson, a differenza del suo collega Isaac Bashevis Singer, Glatstein non ebbe la brillante idea di tradurre i suoi libri in inglese mentre li componeva nell'idioma materno, e magari in una versione diversa rispetto all'originale, come faceva appunto il Nobel per assecondare i gusti di ogni pubblico.


Amore o guerra: il bivio fatale della teologia

Vito Mancuso scrive su Repubblica di
Non nel nome di Dio di Jonathan Sacks


La questione al centro del nuovo libro di Jonathan Sacks - "Non nel nome di Dio", edito da Giuntina - ce la siamo posta tutti, ma, formulata da colui che fu per molti anni rabbino capo della "United Hebrew Congregations of the Commonwealth" e che è una delle voci più autorevoli dell'odierno dibattito teologico internazionale, assume una certa perentorietà. Eccola: «L'ebraismo, il cristianesimo e l'islam si definiscono come religioni di pace e tuttavia tutte e tre hanno dato origine alla violenza in alcuni momenti della loro storia». Come mai? Come spiegare il paradosso di religioni che vogliono la pace e che però producono guerra e terrorismo? La questione interessa tutti, non solo i credenti, perché la religione è tornata sulla scena mondiale e tornerà sempre più; anzi, per Sacks il XXI secolo è «l'inizio di un processo di de-secolarizzazione di cui la prova principale


Pura emozione

Corneli Nepote scrive sul suo blog di
Il sacrificio del fuoco di Albrecht Goes

Si parla di ebrei e deportazioni nella Germania nazista con uno sguardo dal livello della strada, lo sguardo di una donna tedesca, moglie del proprietario di una semplice macelleria. Si potrebbe commentare dicendo che è l’ennesimo libro che parla di ebrei e nazisti e dei tormenti che subirono i primi per mano dei secondi. In effetti è così, ancora un libro che parla di quello, quando ormai non tanto la memoria, ma il sentimento di quei fatti e di quel tempo si sta spegnendo. È appena trascorsa l’annuale celebrazione della Giornata della Memoria con la sincera condivisione da parte di molti, ma anche con la sua carica di ipocrisia e di strumentalizzazione. Eppure è solo di memoria che si parla, non già del sentimento, come se bastasse avere cognizione dei fatti per mantenere viva un’emozione. Non basta, si sa. La memoria è una trascrizione della Storia, con tutti i suoi aggiustamenti, omissioni e distorsioni. Non è un sentire l’emozione dei fatti, non necessariamente, anche se certo ne è un prerequisito. Ci si accontenta del prerequisito, della concettualizzazione cerebrale, abdicando alla vita che si sprigiona dalle viscere quando i fatti sono parte del metabolismo. Forse è il massimo che si può fare.




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